Su CarmillaOnLine c'è, da oggi, una bella intervista a Lukha Kremo Baroncinij, editore della Kipple Officina Libraria nonché connettivista della prima ora.

Parecchi gli argomenti toccati dall'intervistatore, che spaziano dal Connettivismo alle varie forme di arte incarnate dal Kremo, qui sotto vi copincollo un breve estratto:

Kipple Officina Libraria. Da dove è partita l’idea e come si è evoluto il progetto in tutti questi anni? Cos’è che ti interessa di più attualmente? In che direzione si sta muovendo la Casa Editrice?

L'idea è partita nel 1995 con l'intento di pubblicare racconti, romanzi e poesie prive di diritti d'autore. Ho cominciato a pubblicare racconti cyberpunk e simili e mi sono presto incontrato con il mondo della fantascienza italiana, e nel gennaio 2000 abbiamo dato vita alla rivista Avatär (oggi sostituita dalla collana Avatar). Dopo 14 numeri e 3 Premi Italia, nel 2005 abbiamo cominciato a stampare libri a livello professionale e a diversificare le collane. Nel 2010 c'è stato il rilancio, con il sito eCommerce e gli eBook. In pratica, ogni 5 anni ci siamo rinnovati, proprio come un piano quinquennale di comunista memoria! La cosa più curiosa è che dopo 15 anni ci siamo trovati a ribadire il concetto da cui siamo partiti pubblicando eBook senza DRM (gestione dei diritti digitali), in questo caso con motivi ben più interessanti che la semplice diffusione di opere di debuttanti.
Oggi abbiamo intenzione di ribadire due concetti: quello dei diritti d'autore e l'idea che i connettivisti hanno della letteratura. Nel primo caso considerando l'importanza di eliminare certi vincoli del diritto d'autore, che rallenterebbero la diffusione della cultura a discapito della qualità, peggiorando l'usufrutto dell'opera da parte del lettore, soprattutto per i libri digitali. Nel secondo facendo propria l'idea di una letteratura non più divisa per generi, ma per idee, quindi la priorità che le idee hanno sull'intrattenimento. Inoltre l'importanza che nella letteratura (e nella lingua) ha l'innovazione del linguaggio che per me non significa sperimentazione fine a se stessa, ma cercare di imitare i moduli operativi del cervello umano, quindi un linguaggio che si avvicini all'ipertestualità insita nel pensiero.

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